Emergenza Coronavirus: riaprano i centri estetici, luoghi sicuri per clienti e operatori

Il Dpcm del 3 novembre è stato un duro colpo per l’estetica professionale, esclusa dai servizi di cura della persona consentiti nelle cosiddette “zone rosse” del Paese.

«Se da un lato – commenta il presidente di Cosmetica Italia, Renato Ancorotti – siamo fieri di aver contribuito, grazie ad un incessante dialogo con il governo, al risultato che i parrucchieri rimangano aperti nelle zone rosse a partire dal 6 novembre, dall’altro ci rammarichiamo del fatto che lo stesso trattamento non sia stato riservato agli estetisti. Come i saloni di acconciatura, i centri estetici sono luoghi sicuri e l’ulteriore stop avrà su di loro e sulle imprese cosmetiche di questo canale gravi impatti economici e occupazionali».

La decisione sembra, di fatto, non riconoscere gli sforzi dei professionisti del settore per rafforzare le già rigide norme-igienico sanitarie solitamente osservate in ottica anti-contagio.

Da marzo in avanti l’estetica professionale, al pari dell’acconciatura, ha investito nell’adeguamento delle proprie strutture (dall’acquisto di dispositivi di protezione alla riorganizzazione degli spazi) e nell’implementazione di protocolli volti a garantire la massima sicurezza, coniugando così la tutela della salute di operatori e di clienti con la richiesta di benessere dei cittadini.

Come noto, infatti, già dalla riapertura del 18 maggio, in seguito all’interruzione legata al lockdown, queste attività non presentano rischi di assembramento, grazie al contingentamento degli ingressi, fissati su appuntamento.

Esiste poi una diretta ricaduta sulla filiera industriale: in Italia le aziende che operano nel ramo dell’estetica professionale sono per il 97% PMI; la metà di queste è addirittura rappresentata da microimprese con fatturati inferiori ai 2 milioni di euro, che difficilmente reggeranno in quanto stanno ancora recuperando i danni derivanti dal primo lockdown.

Resta coinvolta in questa chiusura anche la filiera della distribuzione dei prodotti cosmetici, con un impatto su almeno 500 aziende distributrici e 2.000 agenti, ma anche quella della fornitura di beni e servizi quali macchinari, strumentazioni e articoli monouso.

I dati riferiti alle vendite nel canale dell’estetica (fonte Indagine congiunturale di Cosmetica Italia - settembre 2020) restituiscono le ripercussioni di circa tre mesi di chiusura della scorsa primavera, che hanno inciso sul calo del 47% nel primo semestre 2020.

Le flessioni previste per fine anno, con un valore della domanda a poco più di 170 milioni di euro, si delineavano, fino a qualche settimana fa, come meno dure di quanto inizialmente ipotizzato, ma questa nuova interruzione dell’attività costringe a bloccare ogni revisione in chiave di recupero ottimistico.

«A rappresentanza delle aziende del settore, e in stretto coordinamento con le rappresentanze datoriali della professione – chiarisce Ancorotti – ribadisco l’impegno di Cosmetica Italia, nel continuare a dialogare con le istituzioni per chiedere una modifica alla norma attuale, consentendo a tutti i centri estetici di poter svolgere la propria attività anche nelle zone rosse».

Ben il 30% dei saloni di estetica ha sede nelle quattro regioni bloccate dal Dpcm. In Italia sono 35.000 i centri di estetica, una realtà frammentata costituita per il 90% da piccolissime unità, con mediamente 2 persone occupate per salone, capaci di generare fatturati e margini molto bassi, appena sufficienti a garantire la gestione giornaliera dell’esercizio.

Il nuovo lockdown dei saloni di estetica ne mette a repentaglio la capacità di riapertura al termine dell’emergenza e rischia di favorire la diffusione dell’esercizio abusivo della professione senza controlli né misure di sicurezza utili al contenimento del contagio.