Una lezione dall’ultimo anno: la scena dal vivo non si può sostituire e lo smartworking per un danzatore è impossibile, ma i social e la televisione sono un ponte per arrivare a chi non è mai stato in platea
Di Mariachiara Silleni
Lavorare sul proprio corpo giorno per giorno, imparare ad apprezzare l’immagine riflessa nello specchio e focalizzarsi sulle cose piacevoli che ci circondano. È la ricetta, firmata Virna Toppi, per coltivare un talento poliedrico, bisognoso di forme e spazi sempre diversi per esprimersi. Prima ballerina del Teatro alla Scala di Milano, ma anche modella, influencer e testimonial, da sempre è attratta da tutto ciò che è bello, che sia un abito, uno scatto o un pezzo d’arte. Tra i numerosi impegni, riserva un posto di primo piano alla cura di sé, con la costanza e l’attenzione che si rivolgerebbero ad un fiore e sembra quasi un segno che il suo personaggio del cuore abbia per nome Marguerite. Ad Accademia 33 racconta le peculiarità e le evoluzioni di un mondo complesso, in cui l’immagine e la bellezza sono indiscussi protagonisti: il teatro.
Tra palcoscenico e social rivesti tanti ruoli diversi, ma tutti accomunati da un aspetto: la cura di un’estetica del bello. Come si sono sviluppate le tue diverse passioni, diventate poi dei lavori?
Mi è sempre piaciuto tutto quello che è cura di sé e che riguarda l’immagine. Fin da piccolissima, ad esempio, amavo andare alle terme. Poi, pian piano, crescendo ho iniziato a guardarmi intorno, a focalizzarmi su tutto ciò che attira la mia attenzione perché mi piace. Può essere una bella scarpa, una bella borsa, un buon profumo, e così via. Negli anni, una cosa ha tirato l’altra. Oggi, anche per questo, mi trovo molto attiva sui social. Anche su queste piattaforme ricerco la bella foto, il bel vestito, un paesaggio…
La figura del ballerino classico si è molto evoluta. Quando si parla di balletto in modo generico, può capitare che qualcuno pensi a un universo un po’ antico e retrò ma, guardando i tuoi canali social e quelli dei tuoi colleghi, si coglie quanto siate invece immersi nel mondo di oggi.
L’immagine del danzatore è totalmente cambiata, anche perché più si va avanti e più la televisione e il web sono presenti. Così anche la nostra figura ha dovuto diventare molto più social. La realtà di oggi richiede più visibilità, più dialogo diretto col pubblico. Bisogna far vedere anche la propria vita fuori dal teatro e giù dal palcoscenico. Da questo emerge anche il fatto che, prima di essere ballerini, siamo delle persone. Sono aspetti che io apprezzo, ma alcuni fanno fatica a relazionarcisi. Forse anche perché molti pensano ancora che il teatro debba rimanere fuori da queste dinamiche. Per me le cose che si fanno a teatro vanno fatte a teatro, certo, e non si possono realizzare da nessuna altra parte, ma gli altri canali e linguaggi sono delle opportunità che si possono coltivare. La televisione, ad esempio, non va vista come una sostituzione, ma come un mezzo differente, che consente di raggiungere persone che per motivi di distanza fisica, economici o di tempo, a teatro di persona non vanno.
Chi ama il teatro o il cinema lo sa: ogni ruolo è un personaggio e ogni personaggio è caratterizzato da una sua estetica, che prende forma anche grazie a “trucco e parrucco”. Per voi interpreti ogni volta è una piccola trasformazione. Quanto conta questo aspetto del tuo lavoro?
È importantissimo. È uno degli elementi che fa la differenza tra una prova in studio e lo spettacolo in scena. Non c’è solo tutto il contesto del costume, della scenografia, della sala piena, ma anche il make-up e l’acconciatura, che completano la magia che crea il personaggio. È quello che dà la definizione totale. La ciliegina sulla torta.
La danza impone un continuo confronto con il proprio aspetto. Lo specchio durante lezioni e prove, le registrazioni degli spettacoli… È un mestiere che porta a guardarsi e riguardarsi. Per voi ballerini è fondamentale prendersi cura di sé e avere un buon rapporto con la propria immagine.
Confrontarsi tutti i giorni per tutto il giorno con il proprio corpo all’inizio può risultare un po’ difficile. Io negli anni ho lavorato molto sui punti che non mi piacevano. Allo stesso tempo, mi sono impegnata anche ad accettare la mia persona per quella che è. Non si può combattere per una vita. Nessuno è perfetto e a un certo punto ci si deve amare e piacere così come si è. Il tutto, ovviamente, senza mai smettere di migliorarsi.
Il Teatro alla Scala di Milano, nel corso della sua storia, ha coltivato numerosi danzatori di talento che hanno fatto importanti carriere anche all’estero. Tu stessa sei stata Principal Dancer a Monaco di Baviera. Possiamo dire che i nostri ballerini sono una delle tante eccellenze del made in Italy apprezzate nel mondo. Ti rivedi in questa definizione? Pensi che crescere e formarsi in questo Paese faccia la differenza per un artista?
Il valore culturale che abbiamo in Italia è enorme, è risaputo. Basta pensare a tutto il turismo che riusciamo ad attrarre grazie al nostro patrimonio artistico per averne la prova. Io viaggio molto, sia per lavoro che per piacere, e ho conosciuto tante culture affascinanti, ma mi sento di dire che ce ne sono davvero poche ricche e variegate come quella italiana. Di danzatori ne ho visti ormai moltissimi e credo che quelli italiani abbiano una personalità diversa, più incisiva, per questo spiccano. Probabilmente, proprio per il Paese in cui siamo nati e cresciuti, siamo molto più estroversi, come un libro aperto, molto poco pudici e molto genuini, ma – soprattutto – particolarmente umani.
Dialogando con una professionista dello spettacolo, è impossibile non parlare dello stravolgimento che il mondo ha subito nell’ultimo anno. Come lo avete vissuto?
Il lockdown è stato un periodo durissimo. Lo smartworking è impossibile per noi. Abbiamo bisogno di allenarci e per farlo ci occorrono spazi. Per un danzatore professionista non sono sufficienti pochi metri quadri per fare qualche esercizio su un tappetino. Abbiamo necessità di muoverci e di provare e riprovare ogni giorno, per non perdere ciò che abbiamo acquisito con lo studio e l’esperienza. Per noi gli effetti dello stop non si sono limitati al momento in sé: abbiamo davvero rischiato di buttare anni e anni di lavoro e di sacrifici. Danzare non è una di quelle cose, come andare in bicicletta, che una volta imparate non si dimenticano più: occorre continuare a tenere il proprio corpo in allenamento. Una situazione di fermo così prolungata ha avuto effetti importanti sui giovani che stanno vivendo i loro anni di formazione e, ancor di più, sui ballerini più maturi. In questo lavoro, andando avanti con gli anni è sempre più difficile mantenere degli alti livelli e, fermandosi, diventa faticosissimo recuperare.
Pensi che per voi, come per molti altri settori, la pandemia abbia portato o accelerato dei cambiamenti destinati a restare?
Le misure restrittive ci hanno fatto rivalutare la bellezza della quotidianità e del contatto con gli altri, ma penso che, se in un primo periodo lo terremo bene a mente, poi col passare del tempo, tenderemo a dimenticarlo. Per il mondo della scena, credo che rimarranno gli strumenti del video e del live streaming. Prima, molto spesso, quello che nasceva in teatro rimaneva in teatro. Adesso, più si andrà avanti, più prenderà piede la scelta di produrre qualche spettacolo registrato o di mandare sui social o in televisione lo streaming di alcune recite dal vivo. Potrebbe essere anche un modo per far conoscere il nostro lavoro a chi normalmente non va a teatro. Magari, dopo aver visto qualcosa in video, qualcuno avrà la curiosità di venire a vederci di persona.
A proposito di futuro, cosa ti aspetti e cosa ti auguri per il mondo dello spettacolo e per te stessa?
Per il mio lavoro, vorrei che entrasse sempre di più nella mentalità degli italiani l’abitudine di andare a teatro. Quando ho lavorato in Germania sono rimasta colpita da come anche i bambini molto piccoli fossero regolarmente presenti in platea e rimanessero ammaliati da quello che vedevano. Lì è un’attività che fa parte della vita quotidiana, della normalità, e spero che possa succedere lo stesso anche da noi. Per me stessa, mi auguro solo di essere felice, qualunque cosa andrò a fare e chiunque andrò ad essere. Credo che le cose davvero importanti siano essere contenti della propria vita, soddisfatti e in salute.
Dal tuo racconto emerge una donna talentuosa, di successo e ora anche saggia. Ci sarà qualcosa che nascondi…
Sembro angelica, ma non lo sono. Non tutto è come appare!