Sviluppo della comunicazione social e del commercio digitale

02/02/2018

Il processo della digital transformation da parte dell’industria cosmetica, è un fenomeno lento e in attesa e proiettato a  raggiungere una massa critica matura e adeguata a giustificare gli investimenti per far fronte a tale evoluzione. Attraverso le interviste fatte alle imprese emerge anche che, il social commerce, cioè l’utilizzo delle fan page per promuovere l’acquisto indiretto, è presidiato con poco più del 20% del totale degli strumenti digital. Condizionati da un basso livello di investimento, i cosmetici, in molti casi, sono supportati dalla comunicazione tradizionale. Seguono i marketplace orizzontali (15%), cioè quelli che includono l’offerta di più categorie merceologiche, complementari o sostitutivi delle app create appositamente da ogni brand (12%).

Di notevole rilevanza, cavalcando il successo dell’industria 4.0, la leva del social data enrichment (13%), ovvero l’utilizzo dei big data provenienti dai social network con l’obiettivo di arricchire il know-how aziendale. Il presidio del canale e-commerce genera una grande controversia che contraddistingue in modo trasversale tutta l’industria. La paura di veder cannibalizzate le vendite dai propri punti vendita fisici è quasi superata ma le imprese cosmetiche, da una visione critica iniziale, ne hanno colto l’opportunità come emerge dal sentiment espresso.

Ben due operatori su tre vivono positivamente il tema delle vendite online, nello specifico il 39% valuta tale fenomeno come imprescindibile per il futuro del proprio business, il 12% lo ritiene un’opportunità per alimentare le vendite complessive, per il 9% è un supporto che, attraverso i digital devices, alimenta il flusso nei punti vendita fisici; infine, il 6% reputa il presidio dell’online uno strumento per anticipare la concorrenza.

In accezione negativa, emergono tre visioni dell’e-commerce come elemento destabilizzante del proprio business: il 21% lo reputa un obbligo da presidiare che altrimenti farebbe la concorrenza o la distribuzione, il 9% non crede all’offerta multicanale enfatizzando il rischio di confondere il consumatore. Marginale il rischio di veder erosa la quota venduta nei negozi fisici.